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METEO GIORNALE
  • Meteo: il caldo è rimandato, ecco quando arriverà

    Freddo tardivo ci rammenterà a tratti l'Inverno per qualche settimana

    [caption id="attachment_309990" align="aligncenter" width="1280"]Freddo tardivo ci rammenterà a tratti l'Inverno per qualche settimana Niente caldo fino a metà Aprile[/caption]   Nelle ultime settimane, il meteo in Italia ha decisamente tradito le aspettative tipiche del periodo e la prima parte di Aprile promette ancora peggio. Dove si è nascosta la tanto attesa dolcezza primaverile? Le temperature miti, che solitamente accompagnano questo periodo dell’anno, sono risultate spesso assenti, lasciando spazio a un clima instabile e a tratti decisamente rigido, soprattutto al Centro-Nord. Le regioni meridionali, invece, hanno vissuto qualche giornata più mite, e persino calda a tratti, grazie a un paio di ondate di calore anomale che hanno fatto capolino nella prima metà di Marzo. Tuttavia, il ritorno delle correnti fredde da nord ha nuovamente spalancato le porte a condizioni tipicamente invernali su buona parte del Paese in quest'avvio di Aprile.  

    Una parentesi più mite, ma di breve durata

    Una fugace tregua dal freddo è attesa tra mercoledì 2 e venerdì 4 aprile, quando una temporanea espansione dell’anticiclone permetterà un temporaneo rialzo delle temperature. In questa fase, si potranno registrare valori massimi fino a 20 °C in Val Padana, specialmente su Piemonte e Lombardia, ma anche su Sardegna e Sicilia si potranno toccare picchi simili. Sul resto della Penisola, le temperature massime oscilleranno generalmente tra i 16 e i 19 °C, con locali eccezioni che sfioreranno i 20 °C.  

    Il ritorno del gelo: nuova ondata artica in arrivo

    Purtroppo, questa breve illusione primaverile lascerà rapidamente il posto a un nuovo peggioramento. A partire da Domenica 6 Aprile, una massa d’aria artica-continentale inizierà a scendere su tutta l’Europa orientale, lambendo anche l’Italia. Questo nuovo impulso freddo sarà responsabile di un calo netto delle temperature, con valori che potranno risultare fino a 10 gradi inferiori alla media stagionale.  

    Inverno fuori stagione e rischio gelate tardive

    Le correnti gelide da nord-est insisteranno fino almeno all’11 aprile, riportando un contesto tipicamente invernale su tutto il territorio italiano. Le gelate notturne torneranno a minacciare le campagne del Centro-Nord, specie nelle valli interne e nelle aree più esposte al rasserenamento serale. Questo freddo fuori stagione, particolarmente insidioso per l’agricoltura, rischia di ritardare ulteriormente l’arrivo della vera primavera, che a questo punto potrebbe affermarsi solo nella seconda metà di aprile.   Restate aggiornati con i prossimi approfondimenti meteo, perché nessun colpo di scena atmosferico può essere escluso in questa stagione così incerta e imprevedibile.
  • Meteo: lingua gelida da est! Italia nel mirino?

    Il freddo e l’inverno pare proprio che torneranno a farci visita tra pochi giorni. Sia chiaro: non si tratta di un pesce d’aprile, bensì di previsioni piuttosto affidabili, poiché condivise da tutti i principali centri meteo.   Tra poche ore tornerà l’alta pressione e ci farà compagnia almeno tre giorni, soprattutto tra giovedì, venerdì e sabato, garantendo quantomeno una pausa dalle piogge e dai temporali che con frequenza hanno colpito l’Italia durante le ultime settimane. Parallelamente ci sarà un aumento delle temperature, più marcato al Nord e sulle regioni tirreniche, dove potremo sfiorare i 19 o 20 °C, mentre farà un pochino più freddo sulle regioni adriatiche, ma senza eccessi.   Questa alta pressione risulterà davvero debole e fugace, poiché già nella giornata di domenica abbandonerà l’Italia, spalancando le porte dell’est. Ed è proprio dalla porta orientale che si affaccerà il freddo intenso proveniente dalla Russia e dalla Scandinavia, dove nel frattempo andrà a consolidarsi una notevole ondata di gelo per il periodo.  

    Configurazioni da pieno inverno

    Il rinforzo dell’alta pressione su Gran Bretagna, Nord Atlantico ed Europa occidentale sarà determinante per la discesa di quest’area molto fredda verso ovest, in maniera retrograda. Ciò significa che le masse d’aria si muoveranno da est verso ovest, secondo una tipica configurazione barica da pieno inverno. Ritrovarsi a che fare con queste configurazioni nel pieno della primavera potrebbe rappresentare un serio rischio per il comparto agricolo, poiché il freddo intenso dell’est potrebbe accrescere il pericolo di gelate tardive su gran parte d’Italia.  

    Crollo termico su tutta Italia

    Questo rischio si concretizzerà tra lunedì e martedì, a causa di un flusso molto freddo che, dall’estero, riuscirà a valicare i Balcani, il mare Adriatico, fino ad approdare sulla nostra penisola. Le temperature crolleranno in ogni angolo d’Italia, portandosi di svariati gradi sotto le medie tipiche del periodo, con picchi fino a 10 °C sotto la media lungo le regioni adriatiche. Insomma, per qualche giorno torneremo in pieno inverno, sebbene in un contesto abbastanza secco e avaro di precipitazioni. L’unica fase acuta di maltempo arriverà nella giornata di domenica, quando all’impatto dell’aria fredda potranno svilupparsi numerosi temporali su gran parte d’Italia.   Le condizioni meteo più severe, tuttavia, arriveranno tra lunedì e martedì, quando, col ritorno del cielo sereno, il freddo potrebbe insediarsi su valli e pianure, portando le temperature sotto lo zero e alimentando il rischio di brinate e gelate tardive. Queste rappresenterebbero un grosso campanello d’allarme per il comparto agricolo.
  • Meteo: maltempo Domenica 6 Aprile, tra piogge e temporali in queste zone

    Ma tornerà davvero l’alta pressione? Dove sono finite le belle giornate di primavera? Ebbene, l’Italia si trova letteralmente immersa in una vasta area di bassa pressione che richiama a sé varie perturbazioni, che ormai ci fanno compagnia da svariate settimane. Ciò significa che non c’è spazio per le alte pressioni e soprattutto per condizioni meteo tipicamente primaverili, quantomeno sotto l’aspetto termico.  

    Un breve miglioramento in settimana

    Tuttavia, in settimana tornerà una parvenza di alta pressione che proverà a interrompere la lunga sequenza di ondate di maltempo e riporterà un po’ di Sole su quasi tutta Italia. Il miglioramento sarà evidente tra giovedì, venerdì e sabato, quando splenderà il Sole su buona parte del nostro Stivale, eccezion fatta per qualche acquazzone o temporale che potrebbe prender vita nelle zone interne del Centro-Sud.   Le temperature proveranno ad approfittarne, guadagnando qualche grado fino a sfiorare i 19 o 20 °C in Val Padana e nelle zone interne del lato tirrenico, oltre che sulle isole maggiori. Si tratterà comunque di un miglioramento temporaneo e non abbastanza stabile da decretare l’inizio di una vera fase primaverile.   Ma quanto durerà questa alta pressione? In verità, sarà un anticiclone molto debole e di breve durata. Da domenica si spalancherà nuovamente la porta dell’est, da cui affluirà aria più fredda, che riporterà l’Italia in pieno inverno. Queste correnti fredde orientali risulteranno instabili, soprattutto nella giornata di domenica, quando è previsto il transito di un fronte freddo piuttosto sostenuto.  

    Piogge e temporali in molte regioni

    Questo fronte potrebbe causare acquazzoni e temporali su Puglia, Molise, Abruzzo, Marche, Emilia-Romagna, Umbria, Basilicata, Calabria, Campania e Lazio. Insomma, tante nostre regioni potrebbero nuovamente metter mano all’ombrello, ma fortunatamente pare proprio che si tratterà di un fronte abbastanza veloce.   Considerando che l’arrivo dell’aria fredda potrebbe causare importanti contrasti termici, visto che ci troviamo ormai nel secondo mese della primavera meteorologica, non si esclude l’arrivo di locali forti temporali con grandinate nelle zone interne e in collina del Centro-Sud.   Qualche veloce acquazzone o temporale potrebbe svilupparsi sul Triveneto, per poi spostarsi rapidamente su Lombardia e Piemonte entro la sera di domenica e le prime ore di lunedì 7 aprile. Ad inizio della prossima settimana potrebbe tornare un po’ di Sole su gran parte d’Italia, ma in un contesto piuttosto freddo, soprattutto durante le ore notturne.

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Quello che i modelli non dicono

GFS, il principale modello previsionaleAl giorno d’oggi, nell’era dei computer sempre più potenti e dell’ipertecnologica macchina delle previsioni del tempo, fatta di centinaia di processori che lavorano in parallelo per offrire il risultato di calcoli complessi in tempo utile per essere pubblicato sui giornali, vale la pena ricordare i limiti intrinseci di queste metodologie. Limiti teorici per cui ormai siamo sicuri che il sogno lagrangiano di predire l’esatto futuro di una particella nello spazio e per qualsivoglia tempo è di fatto irrealizzabile.

Per restare nell’ambito di casi a noi particolarmente vicini, consideriamo le previsioni del tempo fatte alle medie latitudini, e nello specifico le previsioni del flusso a 500mb; nell’arco temporale di 48 ore sappiamo che per la predizione di questa variabile possiamo trascurare il riscaldamento diabatico e la dissipazione per attrito. Rimane però fondamentale avere dei dati molto precisi sul trasporto del campo iniziale di vorticità, in quanto il flusso a 500mb risulta molto dipendente da questa ultima variabile. Se cominciamo a desiderare previsioni superiori ai 2 giorni, ecco che altre variabili diventano fondamentali, ad esempio le sorgenti ed i pozzi di momento e di energia presenti non solo nella zona considerata ma anche in quelle immediatamente vicine. Andando sempre più avanti nel tempo, avremmo bisogno di dati su tutto il globo e a tutte le quote, ed anche di dati provenienti da tutti gli strati oceanici, così come dimostrato da Smagorinsky nel 1967.

Se anche la nostra rete di rilevatori fosse molto fitta, diciamo un rilevatore ogni metro, su tutta la superficie terrestre, lungo tutta la colonna troposferica e lungo tutta la colonna oceanica, le previsioni di natura modellistica non potrebbero spingersi più in là di 10-12 giorni. Come mai?

 

Ormai non è un mistero che i flussi atmosferici di quantità quali temperatura, momento, umidità, ecc. avvengano all’interno di un sistema dinamico di natura caotica, che ben lungi dall’indicare che le cose avvengono a caso, significa essenzialmente che piccole variazioni di quantità in un punto o in un preciso istante, possono avere ripercussioni anche notevoli a distanza di poco tempo (o di poco spazio). Limitandoci ad una spiegazione semplice, bisogna immaginare che l’atmosfera è un continuo di moti che avvengono a tutte le scale, e l’energia proveniente dal sole, ed in minima parte dall’interno del pianeta, si distribuisce in cascata a tutte queste scale, che sono infinite, dando origine ai flussi di aria transcontinentali, così come al venticello che spazza le nostre strade. I modelli, per quanto abbiano una griglia fitta, non potranno mai simulare infiniti volumi di massa in cui avvengono i moti; così, se tra un punto della griglia ed il successivo avvengono dei moti a scala ancora più piccola, ecco che il modello si allontana dalla realtà, e quella piccola perturbazione potrà dare a luogo a fenomeni meteorologici anche su scale più grandi (o più piccole).

D’altro canto, siccome i modelli si basano su calcoli numerici, anche l’errore di arrotondamento dei valori della quantità meteorologiche può crescere e far divergere i risultati a distanza di poco. Un esempio eloquente di questo discorso fu fornito da Lorenz nel 1984: considerato un sistema molto semplice, ben lungi dalle equazioni di Navier-Stokes, si dimostra che gli stati di questo sistema nel tempo dipendono fortemente da piccole perturbazioni iniziali. Nello specifico, consideriamo il sistema

Ys+1 = aYs - Ys2

Questa equazione descrive semplicemente un sistema il cui stato Y all’intervallo di tempo successivo (s+1) dipende dallo stato Y al tempo attuale s. L’evoluzione di questo sistema è ben definita se fissiamo il valore di Y allo stato iniziale (Y0) e il valore della variabile a.

Se poniamo su un grafico l’andamento di Y nel tempo, e successivamente cambiamo leggermente il valore di a, mantenendo costante quello di Y0, cioè se in pratica “riavvolgiamo” il tempo e facciamo ripartire l’evoluzione del sistema con una piccola perturbazione, ecco che, già dopo pochissimi passi temporali, i due grafici non si somigliano più e assumono via via valori sempre più discostanti, come possiamo vedere chiaramente dalla figura. Immaginiamo allora cosa può succedere all’interno di sistemi (come quelli atmosferici) con leggi più complesse e con continue perturbazioni da parte delle condizioni circostanti.

E’ evidente che questo genere di comportamento non dipende affatto da quanto siano capaci o moderni i computer con cui si fanno le previsioni. A qualsiasi livello di precisione, esisterà sempre una cifra arrotondata e quindi una perturbazione, così come nel sistema atmosferico reale esisteranno sempre dei moti a scale più piccole di quelle che i nostri modelli potranno simulare.

Un altro problema significativo nell’uso dei modelli di previsione, sta nel fatto che tuttora non si riescono a raggiungere nemmeno i limiti teorici imposti dalle leggi di natura caotica a cui si accennava precedentemente. Le previsioni con alto grado di confidenza a 10-12 giorni sono tuttora un miraggio e questo è dovuto a diversi fattori: cattiva qualità dei dati rilevati dalla rete globale di centraline, disomogeneità nella diffusione geografica delle stesse, risoluzione del modello inadeguata e insufficiente rappresentazione dei fenomeni fisici complessi come i processi radiativi, la formazione di nubi, il trasporto repentino di massa ed energia all’interno di forti convezioni ecc.

Infatti spesso nei modelli non è possibile risolvere tutte le equazioni alle derivate parziali di cui il sistema atmosferico è zeppo; spesso per problemi di tempi di calcolo si ricorre a parametrizzazioni più o meno approssimate, tagliando via processi e quindi perturbando maggiormente il sistema di quanto possa farlo un errore di arrotondamento delle cifre.

Con queste premesse risulta chiaro che un totale affidamento ai risultati dei modelli di previsione risulta un errore, ma allo stesso tempo essi sono l’unica arma, in alcuni casi molto efficace, che abbiamo per strappare alla natura informazioni utili non solo per predire il futuro delle condizioni meteorologiche, ma anche per comprendere fenomeni che risulterebbero troppo complessi per essere affrontati da un punto di vista analitico.

 


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