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METEO GIORNALE
  • Meteo: super mareggiata in arrivo, le città a rischio

    Le condizioni meteo stanno rapidamente peggiorando su buona parte d’Italia a causa dell’arrivo di una vasta irruzione artica che avrà effetti significativi nelle prossime 72 ore. Si tratta di un fiume di aria fredda di origine artica che sta scivolando nel Mediterraneo, approfittando dell’assenza dell’anticiclone, il quale resterà lontano almeno fino all’inizio del 2025.   Questa perturbazione di stampo artico si sta manifestando attraverso sostenuti venti di maestrale sulla Sardegna, che tenderanno a intensificarsi ora dopo ora, raggiungendo l’apice tra il 23 e il 24 dicembre. Il forte vento darà vita a un’imponente mareggiata su tutto il Tirreno centro-meridionale e sul Canale di Sardegna. La situazione più critica è attesa tra Calabria, Sicilia e Sardegna, dove si prevede mare forza 6 nelle prossime 18 ore.  

    Mare molto grosso sulle coste

    Si prevede mare grosso o addirittura molto grosso sulle coste della Sardegna occidentale, del Palermitano, del Trapanese, del Messinese, del Reggino e del Vibonese. In questi settori, onde alte fino a 6 metri si abbatteranno sulle coste, con il rischio di danni significativi specialmente nelle aree più vulnerabili alle potenti mareggiate.  

    Aree più colpite dalle mareggiate

    Occorrerà prestare molta attenzione soprattutto nelle località di Palermo, Trapani, Marsala, Cefalù, Capo d’Orlando, Milazzo, Bagnara Calabra, Gioia Tauro e Tropea. In questi settori, il rischio di mareggiate pericolose e dannose persisterà almeno fino alla serata di lunedì.   Il mare risulterà molto agitato anche sul Tirreno centrale e lungo tutto il versante Adriatico, specialmente tra Marche e Puglia. Un graduale miglioramento dello stato del mare arriverà tra il 24 e il 25 dicembre, ma si resterà comunque in un contesto di mare molto mosso o agitato. Il forte vento di tramontana invece persisterà, con raffiche localmente superiori ai 60 km/h su gran parte del Centro-Sud Italia.   Il meteo subirà un graduale miglioramento nel giorno di Santo Stefano, grazie all’allontanamento definitivo della perturbazione. Tuttavia, restiamo in attesa di altre possibili incursioni fredde dall’Est Europa nelle giornate successive.
  • Meteo, uno sguardo su Gennaio: sulla scia di Dicembre, ma peggio

    Gennaio, il mese centrale della stagione invernale, promette condizioni meteo più dinamiche rispetto agli ultimi anni, quando potenti anticicloni hanno spesso dominato la scena, relegando l'inverno a brevi e sporadiche apparizioni. Il mese di gennaio 2025 potrebbe invece riservare interessanti sviluppi atmosferici, con possibilità di freddo intenso e precipitazioni in varie aree dell'Italia.  

    Un inverno diverso: dinamismo atmosferico e meno anticicloni

    A differenza degli inverni passati, l'attuale stagione 2024-2025 si sta distinguendo per un pattern atmosferico meno statico. Già dalla fine di novembre, si sono registrate diverse fasi fredde e episodi di maltempo, che hanno interessato prevalentemente il Centro-Sud Italia. Questo grazie a un anticiclone, posizionato sulla penisola Iberica, che non è riuscito a stabilire un dominio totale sul continente europeo. Con l’arrivo di gennaio, le condizioni meteo potrebbero ulteriormente evolvere. I Balcani stanno già affrontando un deciso raffreddamento, alimentato da aria artico-marittima seguita da masse di aria artico-continentale. Questo raffreddamento potrebbe generare un “serbatoio” di aria gelida appena a est dell’Italia, favorendo un aumento delle probabilità di incursioni fredde anche sul nostro territorio.  

    Freddo e flusso atlantico: Configurazioni promettenti per l’Italia

    Nei primi giorni di gennaio 2025, il flusso atlantico potrebbe abbassarsi di latitudine, portando perturbazioni che attraverseranno l’intera penisola. L’anticiclone, spostandosi ulteriormente verso sud, consentirebbe l’ingresso di correnti fredde, potenzialmente in grado di interagire con i fronti perturbati. Questo scenario sarebbe ideale per il ritorno di condizioni tipicamente invernali. Le regioni del Nord Italia, spesso meno coinvolte dal freddo negli ultimi inverni, potrebbero finalmente assistere a fenomeni nevosi, soprattutto nelle aree di Pianura Padana e nelle vallate alpine. Anche il Centro Italia potrebbe vedere abbondanti precipitazioni nevose lungo l’Appennino, mentre il Sud Italia sarebbe soggetto a un mix di piogge intense e neve a quote collinari.  

    Possibilità di neve: Prime indicazioni

    È ancora presto per stabilire con certezza l’evoluzione delle condizioni meteo di gennaio, ma le proiezioni attuali suggeriscono che la prima metà del mese potrebbe presentare episodi di freddo e maltempo diffusi. Le nevicate, se confermate, potrebbero interessare sia il Nord Italia sia alcune aree del Centro-Sud, in base alla configurazione barica e al grado di interazione tra l’aria fredda e le perturbazioni in arrivo dall’Atlantico.  

    Uno scenario da monitorare

    L’attività atmosferica prevista per gennaio 2025 evidenzia un inverno che sembra voler recuperare le sue caratteristiche tradizionali, con temperature più rigide e un aumento della frequenza di eventi perturbati. Non resta che attendere ulteriori aggiornamenti per comprendere meglio l’entità e la distribuzione dei fenomeni invernali sull’intero territorio nazionale.
  • Gennaio: un mese dal meteo NORMALE, freddo e neve

    A Gennaio, il meteo dovrebbe riflettere le caratteristiche tipiche della stagione invernale, contraddistinte da temperature rigide, abbondanti nevicate in montagna e occasionali episodi nevosi anche a basse quote. Questo mese, insieme a Febbraio, rappresenta il cuore dell’Inverno, una stagione in cui freddo e precipitazioni sono elementi essenziali per l’equilibrio climatico. Purtroppo, negli ultimi anni, molte aree d’Italia e d’Europa hanno sperimentato anomalie, con la prevalenza dell’Alta Pressione che ha stravolto i consueti schemi meteorologici.   L’Alta Pressione, spesso associata a condizioni di stabilità atmosferica, cieli sereni e temperature più miti, interessa particolarmente le pianure e le aree costiere. Pur essendo il periodo delle cosiddette "secche invernali", è cruciale che questa situazione non perduri troppo a lungo. Quando l’Anticiclone domina, si riduce notevolmente la frequenza di fenomeni meteorologici come le perturbazioni atlantiche, le piogge e le nevicate, indispensabili per garantire un bilancio stagionale equilibrato.  

    L’importanza delle perturbazioni atlantiche

    Le perturbazioni atlantiche giocano un ruolo cruciale per portare piogge e neve, soprattutto nelle regioni del Nord Italia. Queste precipitazioni sono fondamentali per mantenere un adeguato bilancio idrico, contribuendo al rifornimento delle falde acquifere e alla preparazione delle riserve d’acqua per la Primavera e l’Estate. In assenza di tali fenomeni, spesso causata dal predominio dell’Alta Pressione, il deficit idrico diventa evidente, manifestandosi con intensità crescente nei mesi più caldi.   Durante un Gennaio in linea con la normalità stagionale, le regioni settentrionali dovrebbero essere interessate da frequenti piogge in pianura e copiose nevicate sulle Alpi. Analogamente, nel Centro e nel Sud, le incursioni di aria fredda di origine artica o siberiana sarebbero in grado di generare episodi di neve a bassa quota, rendendo il paesaggio suggestivo e tipico del periodo invernale.  

    Freddo artico e siberiano

    Le correnti di aria fredda provenienti dall’Artico o dalla Siberia hanno il potere di plasmare scenari meteorologici autentici. Queste irruzioni portano temperature nettamente inferiori allo zero e nevicate anche a quote collinari, in particolare nelle aree del Centro Italia e del Sud Italia. Le regioni montuose, come gli Appennini e le Alpi, dovrebbero beneficiare di abbondanti accumuli di neve, risorse preziose per i bacini idrici dei mesi successivi.   La presenza di gelo intenso e prolungato è una componente essenziale dell’Inverno italiano. Tuttavia, negli ultimi anni, la frequenza di tali episodi si è notevolmente ridotta, contribuendo a un progressivo impoverimento del paesaggio invernale tradizionale.  

    Neve e riserve idriche: un equilibrio indispensabile

    Le abbondanti nevicate sulle catene montuose, come le Alpi e gli Appennini, sono vitali non solo per il turismo invernale, ma anche per l’approvvigionamento idrico durante i mesi caldi. Gennaio dovrebbe essere un mese chiave per la formazione di consistenti accumuli nevosi, essenziali per garantire un flusso regolare di acqua nei fiumi e nei laghi durante la stagione calda. Episodi di neve a basse quote, sebbene più rari, rimangono un aspetto caratteristico e affascinante dell’inverno italiano.  

    Alternanza tra Alta Pressione e freddo di botto

    Un inverno autentico richiederebbe un’alternanza ben bilanciata tra fasi dominate dall’Alta Pressione e periodi caratterizzati da irruzioni di aria fredda. Le perturbazioni atlantiche apporterebbero piogge utili nelle pianure e nevicate abbondanti sui rilievi, mentre l’aria artica e siberiana contribuirebbe a mantenere temperature rigide e condizioni meteorologiche coerenti con la stagione.   Questa alternanza non solo garantirebbe un inverno più fedele alla tradizione climatica italiana, ma avrebbe anche effetti positivi sull’ambiente. Un simile equilibrio favorirebbe, ad esempio, il settore turistico invernale, fondamentale per molte località montane.  

    Gennaio: un mese normale

    Con l’arrivo del 2025, c’è una crescente speranza di assistere a un ritorno delle condizioni meteorologiche tipiche della stagione invernale. Dopo anni in cui l’Alta Pressione ha dominato gran parte dell’Italia, sarebbe auspicabile vedere nuovamente un clima in linea con la normalità stagionale. Freddo intenso, nevicate regolari e un ritmo stabile delle precipitazioni non solo definiscono l’Inverno, ma sono anche fondamentali per garantire la sostenibilità meteo e idrica nei mesi successivi.

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Quello che i modelli non dicono

GFS, il principale modello previsionaleAl giorno d’oggi, nell’era dei computer sempre più potenti e dell’ipertecnologica macchina delle previsioni del tempo, fatta di centinaia di processori che lavorano in parallelo per offrire il risultato di calcoli complessi in tempo utile per essere pubblicato sui giornali, vale la pena ricordare i limiti intrinseci di queste metodologie. Limiti teorici per cui ormai siamo sicuri che il sogno lagrangiano di predire l’esatto futuro di una particella nello spazio e per qualsivoglia tempo è di fatto irrealizzabile.

Per restare nell’ambito di casi a noi particolarmente vicini, consideriamo le previsioni del tempo fatte alle medie latitudini, e nello specifico le previsioni del flusso a 500mb; nell’arco temporale di 48 ore sappiamo che per la predizione di questa variabile possiamo trascurare il riscaldamento diabatico e la dissipazione per attrito. Rimane però fondamentale avere dei dati molto precisi sul trasporto del campo iniziale di vorticità, in quanto il flusso a 500mb risulta molto dipendente da questa ultima variabile. Se cominciamo a desiderare previsioni superiori ai 2 giorni, ecco che altre variabili diventano fondamentali, ad esempio le sorgenti ed i pozzi di momento e di energia presenti non solo nella zona considerata ma anche in quelle immediatamente vicine. Andando sempre più avanti nel tempo, avremmo bisogno di dati su tutto il globo e a tutte le quote, ed anche di dati provenienti da tutti gli strati oceanici, così come dimostrato da Smagorinsky nel 1967.

Se anche la nostra rete di rilevatori fosse molto fitta, diciamo un rilevatore ogni metro, su tutta la superficie terrestre, lungo tutta la colonna troposferica e lungo tutta la colonna oceanica, le previsioni di natura modellistica non potrebbero spingersi più in là di 10-12 giorni. Come mai?

 

Ormai non è un mistero che i flussi atmosferici di quantità quali temperatura, momento, umidità, ecc. avvengano all’interno di un sistema dinamico di natura caotica, che ben lungi dall’indicare che le cose avvengono a caso, significa essenzialmente che piccole variazioni di quantità in un punto o in un preciso istante, possono avere ripercussioni anche notevoli a distanza di poco tempo (o di poco spazio). Limitandoci ad una spiegazione semplice, bisogna immaginare che l’atmosfera è un continuo di moti che avvengono a tutte le scale, e l’energia proveniente dal sole, ed in minima parte dall’interno del pianeta, si distribuisce in cascata a tutte queste scale, che sono infinite, dando origine ai flussi di aria transcontinentali, così come al venticello che spazza le nostre strade. I modelli, per quanto abbiano una griglia fitta, non potranno mai simulare infiniti volumi di massa in cui avvengono i moti; così, se tra un punto della griglia ed il successivo avvengono dei moti a scala ancora più piccola, ecco che il modello si allontana dalla realtà, e quella piccola perturbazione potrà dare a luogo a fenomeni meteorologici anche su scale più grandi (o più piccole).

D’altro canto, siccome i modelli si basano su calcoli numerici, anche l’errore di arrotondamento dei valori della quantità meteorologiche può crescere e far divergere i risultati a distanza di poco. Un esempio eloquente di questo discorso fu fornito da Lorenz nel 1984: considerato un sistema molto semplice, ben lungi dalle equazioni di Navier-Stokes, si dimostra che gli stati di questo sistema nel tempo dipendono fortemente da piccole perturbazioni iniziali. Nello specifico, consideriamo il sistema

Ys+1 = aYs - Ys2

Questa equazione descrive semplicemente un sistema il cui stato Y all’intervallo di tempo successivo (s+1) dipende dallo stato Y al tempo attuale s. L’evoluzione di questo sistema è ben definita se fissiamo il valore di Y allo stato iniziale (Y0) e il valore della variabile a.

Se poniamo su un grafico l’andamento di Y nel tempo, e successivamente cambiamo leggermente il valore di a, mantenendo costante quello di Y0, cioè se in pratica “riavvolgiamo” il tempo e facciamo ripartire l’evoluzione del sistema con una piccola perturbazione, ecco che, già dopo pochissimi passi temporali, i due grafici non si somigliano più e assumono via via valori sempre più discostanti, come possiamo vedere chiaramente dalla figura. Immaginiamo allora cosa può succedere all’interno di sistemi (come quelli atmosferici) con leggi più complesse e con continue perturbazioni da parte delle condizioni circostanti.

E’ evidente che questo genere di comportamento non dipende affatto da quanto siano capaci o moderni i computer con cui si fanno le previsioni. A qualsiasi livello di precisione, esisterà sempre una cifra arrotondata e quindi una perturbazione, così come nel sistema atmosferico reale esisteranno sempre dei moti a scale più piccole di quelle che i nostri modelli potranno simulare.

Un altro problema significativo nell’uso dei modelli di previsione, sta nel fatto che tuttora non si riescono a raggiungere nemmeno i limiti teorici imposti dalle leggi di natura caotica a cui si accennava precedentemente. Le previsioni con alto grado di confidenza a 10-12 giorni sono tuttora un miraggio e questo è dovuto a diversi fattori: cattiva qualità dei dati rilevati dalla rete globale di centraline, disomogeneità nella diffusione geografica delle stesse, risoluzione del modello inadeguata e insufficiente rappresentazione dei fenomeni fisici complessi come i processi radiativi, la formazione di nubi, il trasporto repentino di massa ed energia all’interno di forti convezioni ecc.

Infatti spesso nei modelli non è possibile risolvere tutte le equazioni alle derivate parziali di cui il sistema atmosferico è zeppo; spesso per problemi di tempi di calcolo si ricorre a parametrizzazioni più o meno approssimate, tagliando via processi e quindi perturbando maggiormente il sistema di quanto possa farlo un errore di arrotondamento delle cifre.

Con queste premesse risulta chiaro che un totale affidamento ai risultati dei modelli di previsione risulta un errore, ma allo stesso tempo essi sono l’unica arma, in alcuni casi molto efficace, che abbiamo per strappare alla natura informazioni utili non solo per predire il futuro delle condizioni meteorologiche, ma anche per comprendere fenomeni che risulterebbero troppo complessi per essere affrontati da un punto di vista analitico.

 


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